La domanda del titolo è volutamente provocatoria e tutto quanto dirò non vuole riferirsi a nessuna azienda sul mercato ma vuole portare la vostra attenzione su un punto fondamentale, in modo tale che possiate trarre delle conclusioni basandovi su ricerche scientifiche
Parlando sempre in via ipotetica, c’è un modo per fare si che in etichetta si possa dichiarare legalmente una percentuale alta di proteine anche se poi nella realtà le proteine reali sono molto più basse? (In questo modo ovviamente il prodotto potrebbe essere venduto sul mercato ad un prezzo molto più basso, rispetto a chi le proteine le mette sul serio)
La risposta è SI
L’analisi chimica ufficiale che determina il titolo proteico (quello che viene scritto in etichetta per capirci) può sbagliare?
La risposta è di nuovo SI
L’analisi chimica di laboratorio che per legge si deve usare si chiama kjeldahl, si usa per latte e formaggi, ma pur essendo eccellente per gli alimenti, ha un limite per ciò che riguarda gli integratori.
Vediamo di capire quale:
l’analisi è indiretta in quanto non calcola le proteine ma calcola l’azoto.
Nelle proteine c’è circa il 16% di azoto, quindi noi sappiamo che ogni 16 g di azoto abbiamo 100 g di proteine (se per esempio ne rileviamo 8 g di azoto sappiamo che ci sono 50 g di proteine).
In pratica basta moltiplicare il risultato pervenuto con l’analisi per il coefficiente 6,25 e si ottiene il quantitativo proteico.
Ma solo le proteine contengono azoto? La risposta è NO !
L’azoto è contenuto in molto composti organici, purine, pirimidine, nitrati, aminoacidi, acidi nucleici etc.
L’analisi sa distinguere se l’azoto deriva da proteine o da altri composti? la risposta è NO!
Questo significa che se aggiungo alle proteine delle sostanze commestibili, contenenti azoto l’analisi le considera come proteine, anche se non lo sono.
Facciamo un esempio eclatante che può chiarire il concetto:
Se mentre sto eseguendo l’analisi kjeldahl in laboratorio, la signora delle pulizie che sta usando dell’ammoniaca per detergere ne rovescia per sbaglio un po’ nel mio campione, ecco che miracolosamente la percentuale proteica aumenta.
Ma questo corrisponde al vero?
Ovviamente NO!
L’analisi kjeldahl non ha sbagliato, semplicemente ha calcolato tutto l’azoto presente, e l’ammoniaca contiene azoto e quindi ha conteggiato anche l’ azoto dell’ammoniaca (supponiamo che siano 3 g, che moltiplicati per 6,25 darebbero come risultato circa 18 g di proteine in più).
Ovviamente nella realtà questo non avverrà mai, nessuno si sognerebbe di aumentare il titolo proteico di un integratore con una sostanza nociva alla salute, però se al posto dell’ammoniaca venissero aggiunti degli aminoacidi, degli acidi nucleici o dei peptidi vari, ottengo lo stesso risultato, ovvero un prodotto con una % proteica più alta , però commestibile.
Quindi riepilogando se ad un preparato proteico per esempio al 40% di proteine aggiungo degli aminoacidi e rifaccio l’analisi ufficiale, il campione può arrivare all’80%, ma in realtà le proteine reali sono sempre il 40%. Il restante 40% è costituito da aminoacidi.
Quindi gli aminoacidi non sono in più, ma al posto delle proteine
Ci sono aminoacidi che costano molto poco come la glicina, che non ha particolari caratteristiche benefiche, se non quelle di aumentare il presunto titolo proteico e favorire la vendita del prodotto che si presenterebbe con una % di proteine più alta.
A livello legale questa pratica è tollerata se vengono dichiarati gli aminoacidi aggiunti. A volte però vengono nascosti da brevetti, o sigle, e soltanto andando a leggere la composizione del brevetto (che deve comunque essere in etichetta) si capisce che oltre alle proteine ci sono anche aminoacidi o altre sostanze azotate.
In ogni caso per legge non è necessario specificare che la presenza di aminoacidi influisce sul titolo proteico, fa fede l’analisi ufficiale kjeldahl.
Questa è la vera incongruenza; il consumatore deve sapere se sta ingerendo proteine o aminoacidi. Molti atleti integrano a loro volta con aminoacidi come per esempio la glutammina, che se addizionata di proposito al preparato proteico e poi assunta anche come integratore potrebbe causare sovradosaggio con tutte le conseguenze del caso (eccesso di gaba etc.).
A questo punto c’è da chiedersi:
C’è un analisi che calcola il titolo reale?
La risposta è SI :
è la IEC (cromatografia a scambio ionico) ma non è l’analisi ufficiale. La IEC permette di calcolare tramite idrolisi acida, sia gli aminoacidi liberi che i totali, quindi il vero contenuto di proteine in modo diretto .
Per confermare quanto detto sino ad ora l’università di Milano di Scienze della Nutrizione in uno studio ha analizzato 5 campioni di integratori proteici, acquistati da terzi da rivenditori specializzati e poi consegnati in barattoli anonimi al gruppo di studio (il fine era quello scientifico di valutare l’analisi ufficiale senza influenze commerciali)
Per prima cosa è stato verificato il titolo proteico dichiarato in etichetta in blu e l’analisi ufficiale kjeldahl (eseguita dai laboratori dell’università) in rosso
Come si può vedere in molti campioni la % proteica rilevata con analisi ufficiale indiretta è più bassa di quella dichiarata in etichetta.
Bisogna considerare che la legge consente una tolleranza del 15% sul totale quindi, per capirci, una proteina che dichiara il 95% potrebbe avere una tolleranza di 14 g di proteine, con l’81% reale potrebbero essere ancora legali.
Va valutato anche il fatto che le materie prime in commercio raramente arrivano al 95% e le poche hanno costi molto alti. Va anche tenuto presente che non possono essere vendute come tale, sarebbero cattive come gusto, vanno aromatizzate e questo incide del 2/3% sul tenore totale, quindi già scendiamo al 92%.
Poi si è verificato se il risultato ottenuto con l’analisi kjeldahl (in rosso) è reale, cioè se si tratta veramente di proteine o di altri composti.
Per fare questo è stata fatta un’analisi IEC (in nero) che calcola in modo certo e diretto, come già visto, la presenza delle proteine nel campione (senza contare altre sostanze azotate), ed è stata confrontata con l’analisi ufficiale kjeldahl (in rosso) fatta in precedenza

in rosso proteina rilevata con analisi ufficiale indiretta eseguita dall’Università Scienze della Nutrizione Milano in nero proteina rilevata con analisi IEC diretta eseguita dall’Università Scienze della Nutrizione Milano
Come vedete nei campioni (contrassegnati con cerchio: S15, Y08) c’è una differenza tra le due analisi; infatti in uno (S15) dichiara in etichetta il 95%, con l’analisi ufficiale risulta il 96%, mentre con l’analisi diretta IEC le proteine reali detratte dagli aminoacidi liberi son circa il 72% (con una presenza di aminoacidi del 22% circa), mentre nell’altro campione (Y08) in etichetta viene dichiarato il 78% con l’analisi ufficiale, ne risultano il 66% mentre con la IEC le proteine reali sono il 39,4%.
Questi dati ci portano a fare delle riflessioni, non tanto sul fatto che ci possano essere prodotti con tenore proteico così diverso da quello dichiarato (anche perché se questo fosse stato il fine del lavoro le analisi si sarebbero dovute ripetere più volte e su lotti diversi) ma su come la legge non dia elementi certi e adatti per la tutela del consumatore.
Quindi cosa fare?
Il mio giudizio personale è:
– la qualità si paga, e quindi diffido dei prodotti a basso costo, basta informarsi sul costo al kg delle migliori materie prime (che non sono segreti) e trarre delle conclusioni
– quando acquisto una proteina verifico che negli ingredienti ci siano proteine e non altro, e nel caso in cui ci siano aggiunte altre sostanze azotate lo sia fatto in modo trasparente e motivato in etichetta
– prediligo prodotti lavorati in Italia perché c’è una normativa più attenta.
– consiglio sempre agli atleti di affidarsi a persone qualificate per farsi consigliare integrazione ed alimentazione.
- farsi fare una certificazione ufficiale dall’azienda che dica che negli integratori proteici che propone non ci siano altre sostanze azotate (o non) che influiscono sul titolo proteico
dott Enrico Veronese Biologo Nutrizionista