Alimentazione, Allenamento

Proteine idrolizzate: qualità e biodisponibilità massima ma i costi sono alti. Ne vale la pena?

 

La proteina idrolizzata è una proteina  che in genere viene usata dagli atleti in prossimità dell’allenamento (prima o dopo) oppure in più assunzioni giornaliere.

Vediamo di capire i quali sono i  vantaggi delle proteine idrolizzate:

-alto potere anabolico

stimolano l’insulina (la sua azione è più intensa)

-hanno un’assimilazione veloce (gli aminoacidi aumentano rapidamente nel sangue, picco dopo un’ ora)

-hanno una maggiore assimilazione e digeribilità

evitano la formazione di aria a livello dell’intestino

-hanno proprietà funzionali grazie alla presenza dei biopeptidi attivi

Alcuni “pezzi” di questa proteina hanno particolari proprietà e vengono detti biopetidi attivi  (Yoshikawa et. Al 1988). Questi sono solo presenti nelle migliori materie prime che hanno subito un processo di scomposizione enzimatica come la Optipep dh4 (se manca la sigla dh4, nel caso di materia prima optipep, non si tratta di una proteina idrolizzata, ma soltanto isolata o concentrata). Una delle proprietà delle proteine idrolizzate deriva proprio dai dipeptidi. In diversi studi è stato dimostrato che questi hanno delle proprietà funzionali che vanno al di là di quelle delle proteine di cui fanno parte e che non manifestano quando fanno parte della catena.  Alcuni dipeptidi si è visto  che migliorano la performance atletica aumentando la forza, altri invece migliorano il sistema immunitario e la calcificazione delle ossa.

Inoltre  i biopeptidi attivi: regolano la immunomodulazione, hanno potere antimicrobico, antiipertensivo, azione oppioide, trasportano minerali, sono antitrombotici.

Questi peptidi non hanno attività benefiche quando sono nella proteina nativa, ma si attivano grazie a proteasi enzimatiche.

Per questo motivo l’aggiunta di proteasi enzimatiche negli integratori a base di proteine idrolizzate può avvantaggiare la formazione di peptidi bioattivi e di conseguenza  la digestione stessa.

proteine idrolizzate dott. Enrico Veronese

tempi di rilascio nel sangue delle proteine

Vediamo di capire quando il prezzo alto del prodotto è giustificato.

La differenza la fanno la fonte della proteine e il grado di idrolisi della stessa.

Le proteine idrolizzate possono derivare da varie fonti  (siero, caseine, soia ecc..) che hanno subito un processo enzimatico indotto; la proteina non risulta più tale ma “pre-digerita” e quindi molto più assimilabile.

Per avere una proteina idrolizzata di massima qualità la fonte migliore  è la frazione del siero; vediamo di capire il perché.

Il profilo aminoacidico del siero del latte è sicuramente il migliore in assoluto: come abbiamo già detto nella proteina idrolizzata troviamo tutto il pool aminoacidico perché la proteina è stata scomposta enzimaticamente in aminoacidi, peptidi, dipeptidi etc., quindi è logico che più la proteina ha un alto valore biologico e maggiori saranno gli aminoacidi essenziali presenti, in particolare la leucina che ha un forte potere anabolico (anche come dipeptide).

Le caseine invece, se idrolizzate, perdono le loro caratteristiche principali. È la loro peculiare composizione chimica che gli consente di avere:

-un rilascio più lento rispetto alle proteine del siero;

-un maggiore potere anticatabolico;

-una minore azione sull’insulina.

Se la caseina viene idrolizzata la struttura viene meno e così anche i vantaggi che porta (rilascio lento). Di conseguenza ci si ritrova con un pool aminoacidico simile a quello del siero, ma con un valore biologico inferiore: ci sono gli stessi aminoacidi ma in quantità minore.

La stessa cosa avviene con le proteine idrolizzate vegetali, con l’aggravante che qui non c’è presenza di biopeptidi attivi e  c’è una minore concentrazione di aminoacidi ramificati, in particolare di leucina.

Per ciò che concerne il grado di idrolisi abbiamo visto che la scomposizione deve essere su un’alta percentuale della proteina, e deve fare si che si formino piccolissime frazioni (dipeptidi) diversamente vengono meno le proprietà della miscela stessa. Le materie prime con alto grado di idrolisi richiedono lavorazioni più attente e qualitative che inevitabilmente generano più costi.

Miscele proteiche scadenti si possono ottenere da mix di proteine idrolizzate del latte insieme a proteine vegetali (riso per es.) a basso grado di idrolisi, che costano molto meno, e diventa difficile anche a livello analitico in laboratorio capire la provenienza  degli aminoacidi o peptidi presenti. Le proteine idrolizzate del siero hanno costi molto elevati. A volte però si trovano in commercio proteine che costano meno della materia prima stessa: lascio a voi le conclusioni…

Personalmente ritengo che se l’atleta vuole usare una proteina idrolizzata deve utilizzare quella che gli consente il massimo beneficio e qualità, diversamente se ha problemi economici al posto di usare prodotti scadenti conviene che si orienti su altre tipologie di proteine, come le isolate per esempio.

Quando usare le proteine idrolizzate?

Vengono utilizzate dagli atleti nella fase post allenamento proprio perché in quel momento l’organismo deve ripristinare le riserve e costruire (la famosa “finestra anabolica”); ciò non di meno le proteine idrolizzate possono essere utilizzate per la fase di costruzione muscolare anche durante il giorno in più assunzioni per mantenere costante il livello di aminoacidi nel sangue e sfruttare al massimo il potere anabolico di questa proteina.

Come già sapete le proteine sono costituite da aminoacidi. Possiamo immaginare la proteina come un treno composto da tanti vagoni – che sono gli aminoacidi – questi vagoni sono agganciati l’uno con l’altro da un legame – che si chiama peptidico – che avviene chimicamente tra il gruppo amminico di un aminoacido e il gruppo carbossilico dell’altro. Durante i processi digestivi in modo progressivo questi legami vengono rotti tramite degli enzimi (proteasi, tripsina, pepsina ecc.).

Il nostro intestino è in grado di assorbire gli  aminoacidi semplici, dipeptidi (due aminoacidi legati insieme), tripeptidi (tre aminoacidi legati insieme), oligo peptidi (numero di aminoacidi inferiore a 10). Nel processo digestivo la rottura dei legami peptidici avviene tramite enzimi, mentre nei laboratori si può ottenere anche tramite altri processi (acidificazione, calore, basificazione…).

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Autore Dott. Enrico Veronese

Il Dott. E. Veronese Biologo nutrizionista, creatore del Metodo Veronese™, è tra i massimi esperti di alimentazione e integrazione alimentare: opera nel settore del fitness e benessere da piu’ di 30 anni, è stato consulente di più aziende ed è direttore scientifico e della ricerca per l’azienda italiana Powerhousenutrition, dove ha creato innovativi integratori per lo sport, per la longevità, per la sessualità e per la vita.

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